(Terranova 2 – La Vendetta) Amore, Sorrisi e Cose Carine; di Questo son Fatte le Bambine…

Per questo nuovo episodio della serie dedicata alla suddivisione per sesso degli indumenti per l’infanzia, mi sposto dal reparto delle magliette a quello dei pantaloncini (l’anno scorso vi dedicai un thread su Twitter). E lo faccio tornando da Terranova, a cui ho anche scritto e da cui ho ricevuto risposta. Ma ci arriverò poi.

Terranova

Dopo questa piccola ma esplicativa anteprima, entriamo nel vivo.


Lo store non presenta moltissimi capi di questo genere, ma la suddivisione operata per sesso è estremamente coerente e comincia sin dalla titolazione delle sezioni. Quella per bambina si chiama “Pantaloncini e Shorts“, mentre quella per bambino si chiama “Pantaloncini e Bermuda“. La prima informazione che Terranova (assieme alla quasi totalità dei rivenditori di abbigliamento) si cura di comunicarci, quindi, è che gli Shorts sono capi esclusivamente da femmina e i bermuda sono capi esclusivamente da maschio.

La seconda cosa che Terranova sceglie di comunicare, stavolta per mezzo delle scelte visive, è una spiccata differenza nella rappresentazione dei bambini e delle bambine, con indosso i loro bermuda e i loro shorts, rispettivamente. Guardate un po’.


Considerando anche l’immagine-assaggio usata nell’introduzione, possiamo notare la spiccata associazione dei bambini allo sport. Quanto alle bambine, una è in posa da modella, l’altra ci rivolge il sedere sorridendo e l’altra ancora, da brava femminuccia, ci mostra un passo di danza classica. Dona un po’ di conforto almeno il fatto che non tutte le immagini di bimbi siano innaturalmente seriose. Ce ne sono con giochi e sorriso. Ecco altri esempi per ambo le categorie.

Terranova

La maggiore attività dei bambini, che si divertono col pallone (concesso solo a loro – ma ehi, per le bimbe ci sono fenicotteri e bolle di sapone, più delicati) resta una costante, così come la predominanza di sorrisi nelle bambine. Su 15 foto, le bambine sorridono o ridono in 15. I bambini in 6. Chi scatta le foto istruisce sul da farsi relativamente ad azioni ed espressioni. Sa cosa vuole e/o cosa gli è stato chiesto di rappresentare. Non si creda che siano casualità, insomma. È tutto studiato.

Tralasciamo le magliette, con i corti pezzi di stoffa consegnati alle bimbe, perché ne ho parlato qui, e focalizziamoci sui pantaloncini. A seguire, un tris di esempi per categoria.

Terranova

Terranova


Bambini e bambine, prima della pubertà, hanno corpi identici fatto salvo per i genitali. Nessuno dei due sessi ha gambe più lunghe dell’altro. Nessuno dei due sessi ha più o meno bisogno di coprirsi dell’altro. Eppure il mercato della moda ha deciso che la parola “pantaloncini” significa cose estremamente diverse per maschietti e femminucce.

Tutti i capi per bambino arrivano almeno al ginocchio (o pochissimo più su), mentre tutti i capi per bambina hanno pressappoco la lunghezza di una culotte, un indumento intimo, un tipo di mutanda, per intenderci. Parliamo anche del piano pratico, che per l’infanzia è fondamentale forse anche più che per noi. Al contrario dei loro coetanei, le bambine che indossano pantaloncini rischieranno, a ogni movimento che non sia una camminata, a ogni seduta che non sia particolarmente composta, di esporre slip e parti del corpo estremamente vulnerabili e delicate; e così va a farsi benedire la funzione protettiva che hanno, fondamentalmente, gli indumenti. Questo punto è già sufficientemente evidenziato dalle immagini presenti sul sito. Fatta esclusione per la bimba che si esibisce nel passo di danza (e che da altra inquadratura di quella stessissima foto avrebbe completamente esposto lo slip) nessuna bimba mostra movimenti con le gambe, mentre molti bambini lo fanno (senza esporre alcunché, da nessuna direzione).

Come non c’è giustificazione per le diversità forzate sul reparto magliette, non ce ne sono qui.
Salvo voler suggerire l’assurdità per cui l’intera popolazione infantile femminile desideri per natura pantaloncini della lunghezza di mutande e l’intera popolazione infantile maschile desideri per natura pantaloncini lunghi, dovrebbe essere evidente per chiunque che questa divisione non ha ragione di esistere. Peggio ancora, è una divisione che opera comunicazione, una comunicazione chiarissima, come tutte quelle che educano bambini e bambine a differenze fatturate culturalmente per separarli più e in modo diverso rispetto a quanto abbia fatto la natura (proprio non piace il fatto che le sole differenze naturali non bastino a dividere femmine e maschi in due set di percorsi e ruoli diversi e specifici).

Oltre che comunicazione è educazione. Esporre bambine e bambini a queste proposte (le stesse in ogni negozio) e a questi immaginari, ha un ruolo nell’educazione e nella socializzazione di ambo i sessi. L’ingiustificata esposizione di una quantità maggiore di pelle verrà assimilata come normalità per le femmine e stranezza per i maschi, in un piano di percezione che verrà mantenuto fino all’età adulta (anche grazie alla continuità operata dal mondo dell’abbigliamento per donne e uomini, che presenta schemi identici).

Ma ci vuole consapevolezza per riconoscere questa realtà, cognizione di causa per comprenderla e responsabilità per volerla confrontare. Terranova dimostrerà di avere queste qualità? La risposta già ce l’ho, e fra poco l’avrete anche voi.

Ho scritto all’azienda presentando le stesse argomentazioni (in versione compatta, con grande sofferenza della mia verbosa persona) inserite in quest’articolo, chiedendo le ragioni della decisione. Non sono ingenua, dunque non mi aspettavo una risposta rivoluzionaria che mi avrebbe fatto saltare dalla sedia, ma neppure mi aspettavo una risposta che riflette le reazioni della persona media che viene posta di fronte a questo problema per la prima volta e non si ferma neppure mezzo secondo a ragionarci su.


“I capi pensati per la collezione bimbo sono tranquillamente indossabili anche dalle bimbe.”
“I capi vengono proposti in base alle statistiche di vendita, scelti tra i preferiti dai nostri clienti.”


🤡
Lo capite cosa succede? Lo capite che cosa significa e implica una risposta del genere?
Questo è un brand che, nonostante sia parte dei mezzi che operano il maggior contributo a creazione e rinforzo di questi schemi, sta buttando la responsabilità della questione sui genitori, su qui acquista. Si sta sollevando da qualsiasi responsabilità.

Le bimbe possono indossare i capi per bimbo. Non è mica colpa nostra se non li comprano.🤷🏻‍♀️
La proposta dei capi è determinata dai clienti. Che possiamo farci noi se i clienti vogliono mutande per le bambine e bermuda per i bambini? 🤷🏻‍♀️

Forse queste parole sono abbastanza per prendere in giro voi stesse/i e una bella fetta di consumatori e consumatrici mentalmente pigri, ma è il caso che iniziate a fare di meglio, perché gli studi sull’assimilazione degli stereotipi e sugli effetti delle dinamiche di marketing non sono materia recente (meno ancora lo sono spirito critico e coscienza razionale) e qualche anima ha smesso di cascare dal pero.

Di grazia, Terranova, che effetto pensi che abbia creare reparti differenti ed etichettare uno come Bambino e l’altro come Bambina? Cosa pensi che comunichi alle bambine e ai bambini? Cosa pensi che comunichi ai genitori che si apprestano a comprare indumenti? Che reparto pensi sia portato a visitare un genitore o qualsiasi altra persona che cerchi vestiti per bambina? Sai benissimo le risposte. Inutile far finta di no.

Poniamo che un padre sia particolarmente illuminato, decida di offrire a sua figlia una scelta variegata che vada oltre le mutande (oppure voglia che sia più libera di muoversi, o vada incontro a preferenze espresse) e la porti nel reparto Bambino di Terranova. Bravo papà, sì, ma intanto ci resta la considerevole possibilità che la bimba si senta a disagio, abbia paura di essere presa in giro e guardata in modo strano da compagni e compagne, oppure che addirittura rifiuti per vergogna o desiderio di conformità, giacché c’è scritto bello grande che quegli indumenti non sono per lei (grazie, Terranò) e magari tutte le bimbe che conosce sono attrezzate di mini-pantaloncini e non vuole essere additata come diversa (timore comune al 98% degli esseri umani). Peggio ancora lo stesso scenario con un bambino al posto di una bambina. Il papà illuminato (o la mamma o chiunque altro) non basterà in nessuno dei due casi. Siamo una cultura che tarpa le ali dell’individualità e incoraggia all’omologazione. E un acquirente che non conosce le preferenze del bimbo o della bimba dove pensi che vada a cercare, cara Terranova? Nel reparto che hai (ma che dico? Che i clienti e le loro statistiche di vendita hanno; che sciocchina che sono) deciso essere per il sesso del destinatario o della destinataria o in quello del sesso opposto? Che mistero misterone misteruccio! Non riesco a finire di grattarmi il capo.

Sia chiaro. I genitori non vanno sollevati da tutto. Sta bene considerare il loro ruolo. Ma così come è ingiusto considerarli una massa di deficienti, lo è altrettanto fingere che non siano educati ad adattarsi alle scelte imposte da moda e mercato.
Noi siamo sul gradino più basso della piramide ed è l’ora di capirlo. Chi è sopra di noi lo sa benissimo, mentre noi restiamo qua a trastullarci nella ridicola convinzione di contare chissà quanto.

Che a maschi e femmine siano offerti solo capi specifici e differenziati per sesso è pura, completa ed esclusiva responsabilità di Terranova e dei rivenditori che operano allo stesso modo (quasi tutti). Nessuno impone al brand di creare reparti completamente privi di scelta e diversità. Nessuno impone al brand di creare reparti separati. È una suddivisione che limita, invece di facilitare. L’unica cosa che facilita è la promulgazione di modelli e schemi unici di ruolo e aspetto per ciascun sesso. Ma va tutto bene, se risulta redditizio. Perché il punto è quello. Della libertà di bambini e bambine non importa a nessun brand. Si abbia almeno la decenza di non mettere ridicolmente le mani avanti.

I capi della collezione bimbo sono tranquillamente indossabili anche dalle bimbe, dite, voi di Terranova? Se credete in questo messaggio e volete che arrivi a bambini, bambine e acquirenti (se aveste voluto vi comportereste diversamente, quindi la risposta l’abbiamo già, ma ehi…), sotto alle scritte “Bambino” e “Bambina”, nei rispettivi reparti, sia nei negozi fisici che sul web, aggiungete la dicitura: “i capi sono indossabili anche dalle bimbe/dai bimbi”, così che bimbi e bimbe abbiano almeno un pugno di sabbia a cui potersi aggrappare quando si troveranno – e vi si troveranno – di fronte all’inseguimento della conformità o al fatto che stanno desiderando qualcosa “per il sesso opposto” (stessa cosa per chi acquista, che potrebbe così avere almeno un 1% di possibilità in più di superare le remore legate all’acquistare qualcosa che non sia per il sesso del/della destinatario/a secondo le decisioni del mercato).

Troppa fatica? Non piace che ci sia il rischio che questa concessione di libertà possa compromettere la gallina dalle uova d’oro che spremete? In assenza di un messaggio esplicito non c’è la minima possibilità che possiate comunicare un senso di libertà di abbigliarsi a prescindere dal sesso, quindi non pensate di potervi riparare dietro quelle misere affermazioni. Non fate altro che accodarvi agli altri brand nella stretta delle catene, pensando di essere al di sopra di qualsiasi responsabilità. Non lo siete. Nessuno di voi lo è. Siete, anzi, a mio personale avviso, direttamente responsabili del disagio, dell’insicurezza e dell’ingabbiamento dei bambini e delle bambine el nostro paese.

Se volete anche voi consigliare a Terranova di offrire reali alternative a bambini e bambine, potete scrivere qua.

Alla prossima e, mi raccomando, occhio agli spot e all’educazione a stereotipi limitanti e retrogradi!

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